Solo un linguaggio efficace può rendere giustizia al distillato made in Italy: a sostenerlo è Luigi Odello, esperto enologo e giornalista
La grappa è fondamentale per l’enoturismo italiano, con le sue distillerie in grado di ammaliare i visitatori. Bisogna solo che i grappaioli imparino a comunicarne e a valorizzarne la bellezza e l’accoglienza
Luigi Odello

La grappa ha del potenziale, anche e soprattutto tra i giovani. La chiave di volta per il successo sta in una comunicazione efficace, in linea con le tendenze. Lo spiega meglio Luigi Odello, enologo e giornalista italiano.
La grappa è un evergreen: qual è il segreto del suo successo?
“I motivi cambiano di generazione in generazione: all’inizio del ‘900 si distillava nell’ambito di un’economia circolare in cui non si buttava via nulla, mentre nell’ultima metà la grappa ha conquistato i salotti appropriandosi del vitigno di origine, di sapienti affinamenti in legno e di un profilo sensoriale unico. Oggi grappa significa socializzazione con l’evocazione di riti fortemente legati ai territori in cui nasce”.
Nei confronti della grappa i giovani sono più consapevoli o più curiosi?
“All’inizio è più curiosità associata al desiderio di fare qualcosa di diverso; poi l’aumento degli atti di consumo di un determinato prodotto genera una tendenza che se coltivata si traduce in una moda. Sotto questo punto di vista i grappaioli hanno una grande carta da giocare”.
Quali sono le potenzialità per l’enoturismo italiano?
“Nel corso degli anni le distillerie si sono fatte davvero belle. Alcune sono state recuperate al loro originario splendore, altre sono state create per ammaliare i visitatori. I grappaioli hanno maturato una nuova consapevolezza verso l’ospitalità costruendo narrazioni efficaci e dotando le distillerie di shop invitanti. Ora si tratta solo di adottare una comunicazione efficace”.
Quanto influisce il cambiamento climatico?
“Le vendemmie con notti calde, in cui l’escursione termica si riduce, la vite diventa pigra nella produzione di molecole aromatiche, mentre i microrganismi che albergano sulle bucce degli acini d’uva si fanno molto più attivi e meno facili da controllare. Il fenomeno interessa ovviamente molto di più le grappe derivanti da uve a bacca bianca e per ora è parzialmente sotto controllo”.
Prospettive tra consumi e mercati?
“Quando si parla di quantitativi globali inferiori ai 20 milioni di bottiglie i problemi sono unicamente di marketing. La vera debolezza è costituita dalla mancanza di strategie che portino il bevitore saggio a ostentare un grappino come rarità e come dichiarazione di uno stato culturale superiore”.
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