Le idee di Luigi Odello spingono verso maggiore innovazione da parte dei produttori, anche per intercettare nuovi flussi turistici
Come sta cominciando ad accadere per l’extravergine, anche la Grappa italiana cerca vie nuove per intercettare nuovi segmenti di mercato, dato che i consumi non sono più quelli di un tempo. Tra queste strade c’è quella dei flussi turistici, legati al vino ma che possono, potenzialmente, allargare lo sguardo.
“La grappa ha tutto quello che occorre in questa direzione – spiega Luigi Odello, Presidente del Comitato Scientifico del Consorzio di Tutela della Grappa -, dato che racconta un’arte magica in territori bellissimi, vanta il fascino dell’alchimia che ora poggia su distillerie diventate dei veri templi, ha un millenario legame con la cultura e mille storie da narrare. Già questi sono valori importanti, ma in più è un souvenir perfetto perché occupa poco spazio, ha una vita lunghissima e, da sempre, la sua missione è quella di fare felice la gente e di rafforzare relazioni umane. Le istituzioni possono sicuramente favorire questa azione diplomatica della grappa, introducendola con il ruolo che le spetta, nei numerosissimi eventi relazionali che organizzano, ma sono soprattutto i produttori che devono progettare azioni innovative da proporre nella programmazione turistica a ogni livello. In questo la carenza è manifesta”.
L’altro fronte su cui lavorare è quello della comunicazione e della valorizzazione, anche attraverso attività di formazione mirate. “Rispetto a trent’anni fa la grappa ha ridotto moltissimo la comunicazione e i motivi sono molti – continua Odello -. Parallelamente però è stata mantenuta viva la fiammella della formazione con i corsi per assaggiatori, soprattutto a opera di Anag e Adid. Inoltre, pochi anni fa il Centro Studi Assaggiatori ha generato, sulla base della filosofia innovativa dei Narratori del gusto, il Codice Sensoriale Grappa che gode di un buon successo, sia perché senza impegnare molto tempo permette di acquisire gli elementi per apprezzare la grappa, sia perché deriva la legge dall’esperienza. E la gente ha sempre più necessità di imparare attraverso il coinvolgimento attivo. Manca però una formazione superiore, come il master universitario organizzato anni fa dall’Università di Udine e Trento e, soprattutto, l’attività dei produttori che potrebbero organizzare corsi nelle loro aziende, non solo per i loro venditori, ma anche per clienti e turisti”.
Tutto ciò per evitare che prodotti “alloctoni”, come è sempre più di tendenza contemplare, non finiscano col mettere nell’armadio il distillato made in Italy per antonomasia. “Fatturato è fatturato: qualsiasi cosa che porti beneficio ai nostri grappaioli non può essere avversata genericamente. La questione diventa negativa nel momento in cui i nostri produttori disperdono energie dimenticandosi di un bene è loro e solo loro, per il quale sono vincenti, per correre dietro a prodotti con i quali non saranno mai competitivi. Il settore deve ricordarsi che le acqueviti nel mondo sono centinaia e che il consumatore è tendenzialmente infedele e quindi troverà sempre qualcosa da fare diventare moda, ma che loro stessi potrebbero diventare protagonisti di una nuova moda: il rinascimento della grappa”.