Un distillato non più ruvido come si è soliti pensare, ma sempre più elegante e amato dalle donne
“La grappa è come una bella donna con tante storie da raccontare – esordisce Anna Maria De Luca, coordinatrice delle Donne della Grappa Anag – e noi come assaggiatrici tecniche vogliamo contribuire a raccontarne la bellezza e a veicolarne la cultura”.
“Perché la grappa negli ultimi anni è cambiata e sempre più donne vi si accostano: è diventata un distillato elegante in cui andare a ricercare l’autenticità del prodotto, la sinergia che non si vede tra distilleria e territorio, gli sforzi produttivi che la contraddistinguono – prosegue De Luca – solo che la grappa è anche un distillato difficile: questo perché presuppone un approccio diverso e più consapevole, anche fisicamente. Se pensiamo che per legge deve partire dai 37,5% vol., capiremo che non si può paragonare all’assaggio di un vino”.
“Eppure – continua – questo mi sorprende sempre, è strano che non ci sia curiosità all’assaggio come per il vino, perché la matrice, l’uva, è uguale per entrambi i prodotti”. “Se la grappa cambia, cambia inevitabilmente anche il consumo che se ne fa. Sebbene sia possibile berla anche a tutto pasto – spiega De Luca – penso alla mixology, dove se ne ha traccia fin dagli anni ’20, quando si preparava il “Diavolo in tonaca nera” un cocktail a base di grappa, succo di arancia, tuorlo d’uovo e cioccolata fondente semiliquida. Oggi l’International Bartenders Association ha riconosciuto tra i suoi drink anche il VE.N.TO”.
Si prepara con 45 ml di grappa bianca liscia, 22,5 ml di succo di limone fresco, 15 ml di una miscela di miele (nella quale si può sostituire l’acqua con un’infusione di camomilla), 15 ml di cordiale alla camomilla e, opzionalmente, 10 ml di albume d’uovo. Si shakera con ghiaccio, si filtra in un piccolo bicchiere tumbler precedentemente raffreddato, riempito con del ghiaccio e, infine, si guarnisce con della scorza di limone e qualche acino di uva bianca, che ne esalteranno l’aspetto e il profumo. “Ecco tutta la bellezza – conclude De Luca – cui abbiamo accesso a partire da uno scarto: le vinacce, dove risiedono tutti gli aromi delle bucce”.
Di Alessia Manoli